Tra i molti tentativi di Leonardo di immaginare una macchina dal moto perpetuo, questa ruota si distingue per l’originale impiego di pistoni e liquidi in un circuito chiuso, regolato da un meccanismo orologiero.
Descritta nel foglio 1062 v del Codice Atlantico, la ruota perpetua idromeccanica è composta da una struttura rotante su cui sono montati, in posizione ortogonale, due dispositivi a pistoni. Ogni dispositivo comprende una coppia di cilindri contrapposti, uniti da un condotto idraulico a forma di “S”, entro cui si muovono pistoni mobili. Durante la rotazione, il peso dei pistoni spinge il liquido da un cilindro all’altro, generando uno squilibrio dinamico che alimenta il movimento della ruota.
Leonardo ipotizza di poter installare fino a quattro moduli sullo stesso asse, con un impulso ogni 30 gradi di rotazione. In una nota aggiunge anche la possibilità di utilizzare tre moduli, sfalsati di 60 gradi. Colpisce l’attenzione al dettaglio tecnico: per evitare che il cuoio dei soffietti si deteriori a contatto con l’acqua, Leonardo suggerisce l’uso del vino come fluido.
Il sistema è completato da uno scappamento a foliot, lo stesso meccanismo usato negli orologi dell’epoca, per regolare la velocità di rotazione. Una versione simile della ruota compare anche nel Codice di Madrid I (f. 74 r), dove Leonardo definisce questo congegno “moto soffistico”, ovvero teoricamente affascinante, ma impossibile da far funzionare nella realtà.